Mettiamola così, che avrebbe pensato un giovane londinese, se, mentre ravanava tra gli scaffali del suo negozio di dischi preferito, avesse tirato fuori Outlandos D’Amour ?
La copertina dai colori bruciati e i tre loschi figuri immortalati sopra, dall’aria vagamente ariana, tipo Hitler-Jugend, avrebbero fatto pensare all’ennesimo disco punk, che come una tempesta di sabbia stava sommergendo le vecchie cariatidi del rock, incapaci di stare al passo dei tempi. Anche il nome del gruppo, “The Police” avrebbe fatto pensare, al massimo, a un singolo, niente di particolare, chitarra ringhiante e un testo urlato a strappi, “Fall Out “ uscito alcuni mesi prima per la Illegal Records e inserito nel calderone della nuova scena musicale.
Quindi nulla di nuovo sotto il sole.
In realtà se avesse saputo qualcosa in più, di sicuro il suo giudizio sarebbe cambiato.
Tipo che il belloccio dai capelli tagliati corti, tale Sting, nato in realtà Gordon Sumner a Newcastle, aveva un passato di maestro di scuola nonché di bassista nella jazz-rock band Last Exit, di discreta fama locale. Che lo spilungone dall’aria stravolta, Stewart Copeland, batterista, vantava un passato progressive nei Curved Air, gruppo che si era dissolto alle prime folate del nuovo vento. E che il piccoletto dall’aria scaltra, Andy Summers, chitarrista di lungo corso fin dagli anni sessanta con la psyc band Dantalian’s Chariot, con amicizie illustri come Robert Fripp e Robert Wyatt, aveva sostituito il precedente membro fondatore, Henry Padovani, dalla buona volontà ma dalla scarsa tecnica, specie se messa a confronto con la bravura degli altri due sodali.
E il disco?
Dieci canzoni, che frullano insieme, punk, reggae, schegge di rock and roll.
Pensiamo solo al trittico iniziale: non molti dischi del periodo possono vantare una forza d’urto simile. Next to You, che già fa capire che Summers non è il classico chitarrista approssimativo dell’epoca, So Lonely, dall’ammiccante refrain giamaicano, canzone che parla di autismo e commiserazione, altro che gli sputi e le farneticazioni sgrammaticate di Johnny Rotten, e poi il colpo da maestro e biglietto di prima classe per le classifiche di tutto il mondo: Roxanne.
Confezionata in modo da strizzare l’occhio al carnevale reggae di Notthing Hill, con il testo che parla di una novella Irma la Dolce, raggiungerà il sesto posto in madre patria e sarà lasciapassare per la fama e per una sparagnina tournée negli States. Nel secondo lato , sono da incorniciare la splendida – specie dilatata dal vivo, perché se non si è capito, i tre sono fior di musicisti – Can’t Stand Losing You , e Truth Hits Everybody, sempre farina del sacco del nostro maestro di scuola. A Copeland e Summers vengono riservati due riempitivi, che però avrebbero fatto la fortuna di molte gruppi dell’epoca.
Menzione particolare, per chi scrive, Hole in my life, progressione discendente alla Kinks innestata in una ritmica alla Jam. Ad avercene canzoni così.
È chiaro, nulla è perfetto. In realtà, i tre mascalzoni stanno buttando le basi per quello che sarà il disco che li porterà molto in alto, Regatta de Blanc. Ma Outlandos, come direbbe un mio amico che se ne intende, è un disco seminale. Parlare di Police senza menzionarlo è come una fotografia di famiglia, senza la zia ricca. Da lì nasce il successo, con tanti saluti alle spille da balia nelle guance.
I Police sono già oltre. E il mondo lo scoprirà presto…