A volte, ma davvero raramente, far musica è quasi una sequenza di performance, un’esperienza che crea realtà. Si parla di idee, perché in musica esse contano nel loro porsi in una melodia, un passaggio intuitivo, un ritornello che riesca a impiantarsi nella memoria. The go! Team, il poliedrico progetto musicale creato dalla mente di Ian Parton, nasce con un’originalità di fondo che rispecchia pienamente quel senso di psichedelica che nel terzo millennio ha trovato piena stabilità nel pop. Indubbiamente, fiati, trombe, percussioni, effetti sonori miscelati, vortici di riff e giravolte campionate: tutto questo è SEMICIRCLE.
Lo stile, che impedisce ogni intento distensivo, ha l’impatto di una vorace giornata d’estate, un circo impazzito di atmosfere leggiadre, forse una scoperta di necessaria libertà che aleggia brano dopo brano. A prescindere dalla personalità del gruppo, quest’album segue una linea unitaria e coerente: scoprirsi continuamente, regalare novità, maturare nella contaminazione. Queste aspettative sono ancora più imponenti quando ci si imbatte nel temibile genere indie, che, nominato da solo, non ha ormai più molto significato, in quanto occorrono concretezza e risultati, per non rischiare di essere messi al bando come barzellette musicali. In questo caso, la sperimentazione prende il sopravvento e impedisce ogni incertezza, rievocando quasi motivi di adolescente ingenuità, con un senso profondo della convergenza di generi, mettendo in gioco una mistura articolata di armonie colorate.
Seppur contaminati da quella sovrastruttura pop così salda da ricordare i microcosmi surreali degli Architecture in Helsinki, caratterizzati da una razionalità melodica essenziale ma composta, il vero tocco geniale dei The Go! Team è la capacità di combinare in modo geometrico la miglior blaxploitation a ritornelli tipicamente hip-hop, forse reale segno distintivo di quel senso di performance musicale che trasforma l’ascolto in una visione pirotecnica di suono. All’improvviso, scorrendo la tracklist dell’album, All the way live spezza quell’impercettibile ordinarietà che si ritrova nel caos della band inglese, proprio perché organizza quelle convergenze di soul e funk intervallate da fiati che riportano in auge colonne sonore immortali degli anni ’70, come se si volesse omaggiare, di tanto in tanto, Shaft. If there’s one thing you should know è un perfetto esempio di malinconia in festa, una giornata di primavera catturata per pochi istanti, ma i più intensi, così come She’s got guns, che conferma questo senso del passato nei cori, un confine quasi invisibile con cui si rinnova lo spirito del gruppo. A partire da Mayday, passando per la title-track Semicircle song, o anche per Hey!, si coglie una cosciente propensione a rendere materia viva un simile album, ma forse persino un’intera carriera musicale, soprattutto attraverso il perfetto incontro di culture opposte, che si confrontano nei controtempi, intervallate da chiari segni di uniformità sonora.
È impossibile negare che The Go! Team possano collocarsi in queste realtà musicali parallele, autonome, dotate della volontà di stravolgere il senso comune della musica pensata (un po’ la dimensione di Merrill Garbus/Tune yards) fino a giungere ad un’ardita ambizione, proprio per la complessità dei brani, che comportano la necessità di non abbassare mai la guardia. Questo disco contiene ogni sfumatura, sedimenta progressivamente, a volte con intermezzi strumentali corredati di improvvisazioni, mutazioni vocali, una chitarra distorta in più e un effetto sintetizzato senza preavviso. I propositi sembrano rispecchiare alcune creature dei Flaming lips, dove ogni dettaglio è essenziale perché fa parte del progetto, ne è parte integrante senza assumere la funzione di tampone per coprire una carenza di intuizioni. Semicircle, allo stesso modo, è vero per intero, è concreto perché porta con sé una realtà intrisa di sfaccettature antitetiche, luci e marce sonore da ascoltare e riascoltare.
Un perfetto disco del terzo millennio, che regala, in alcuni passaggi, la gioia interminabile della fine della scuola o di una festa collettiva. Thunder, Lighting, Strike e The scene between non erano meteore, ma ciò che viene confermato con Semicircle, ovvero che l’essere eclettici non è per tutti. Loro lo sono. Gran disco.