Oggi non ricade un anniversario, non è una data particolarmente significativa per ricordare Joe Strummer. È per questo che penso sia un buon momento per parlare di “The Future is Unwritten“, il documentario che racconta la sua vita, uscito nel 2007.
È semplicemente un giorno qualunque di febbraio.
Che il futuro di Joe – al secolo John Graham Mellor – non fosse scritto, è sempre stato chiaro (anche se un paio di cose erano comunque immaginabili).
Tutto ebbe inizio con un’infanzia girovaga, preludio a una vita nomade, quantomeno in senso figurato. Figlio di un diplomatico, nacque in Turchia ed ebbe modo di conoscere città diverse, persone diverse, ambienti diversi. Studiò in collegio in Inghilterra, insieme al fratello – perduto troppo presto e in un modo troppo doloroso – ed è lì che imparò che bisognava essere un bullo per non diventare vittima dei bulli.
Un po’ bullo, Joe, lo era, ma comunque in un modo atipico, passando attraverso frasi come: «Non ruberei mai dei soldi a un amico. Però la ragazza sì».
Si trovò nel bel mezzo di anni complessi e frenetici, come la fine dei Sessanta, un’epoca con un enorme bagaglio di storia, politica e movimenti. Mentre il mondo stava esplodendo, lui capì che c’era qualcosa da poter “usare” nel punk. Smise di essere John e decise di diventare Woody, da Woody Guthrie, suonando nella metropolitana. Non era ancora il momento per essere una rockstar.
La sua prima band furono i Vultures. Poi toccò ai 101’ers, con un continuo viavai di elementi e strumenti musicali che si davano il cambio. Tutto intorno, nel frattempo, imperversava un universo fatto di case occupate, poche certezze, molta confusione.
Quando si stancò di essere Woody, diventò Joe Strummer, lo “strimpellatore”. Esisteva anche un’altra opzione, cioè “Johnny Caramello”, che per fortuna non ebbe la meglio. Il nome Clash, invece, entrò nella sua vita nel 1976. Chiuse il capitolo 101’ers senza troppi convenevoli e ne iniziò uno nuovo, dando inizio, di fatto, anche a un’era.
Tutti questi fatti, creano le due ore di “The Future is Unwritten”, durante le quali Joe Strummer parla di sé, canta, spiega. E chi lo ha conosciuto lo spiega a sua volta, o almeno ci prova. Amici, compagni di avventura e volti noti: Martin Scorzese, Johnny Depp, Bono Vox, John Cusack, Courtney Love, Steve Buscemi, Matt Dillon, Flea ed Anthony Kiedis, tutti loro hanno un aneddoto o una storia.
Tutti concordi su una cosa: la musica dei Clash riuscì a smuovere le coscienze.
Con la fama, Joe Strummer ebbe un rapporto conflittuale, come se non volesse abbracciarla del tutto. Nonostante questo, fu un leader a tutti gli effetti, carismatico e irascibile, generoso ed egoista, sognatore e impetuoso. Imprevedibile più di quanto non fosse accettabile, padre amorevole ma sempre pronto a spostarsi da un luogo all’altro, romantico ed entusiasta, curioso.
I Clash riuscirono anche a conquistare l’America, ma la loro avventura non era destinata a durare. Fu allora che per Joe iniziò un periodo di colonne sonore, ruoli da attore, una parentesi con i Pogues e un disco da solista. Si appassionò anche alla techno e continuò a coltivare una passione dopo l’altra. La sua ultima avventura ebbe il nome di “Joe Strummer and the Mescaleros“.
Se ne andò all’improvviso, il 22 dicembre del 2002, ma lasciò un’eredità non da poco, fatta di musica e di molto altro.
“People can do everything”
Al di là di quello che fu come personaggio, al di là delle pose, ci credette realmente. Lo fece cantando di politica e diritti civili, abbracciando culture diverse, piangendo quando gli americani scrissero “Rock the Casbah” sopra una bomba lanciata in Iraq. I Clash abbatterono le barriere tra pubblico e rockstar, in senso letterale e figurato.
Joe Strummer scrisse il suo futuro, azione dopo azione, canzone dopo canzone. Ci arrivò senza preconcetti, senza pensare che fosse già tutto stabilito. E lo spiegò agli altri, che funzionava così.
Il futuro non è scritto – The future is Unwritten: è utile ricordarlo, in qualunque giorno, di qualunque mese, di qualunque anno. Non serve un anniversario, per farlo.