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Run The Jewels: “RTJ4” (Jewel Runners/RBC/BMG, 2020)

By giugno 9, 2020 No Comments

Fuck it, why wait.

RTJ4“, il nuovo album dei Run The Jewels, è stato presentato al mondo così, senza troppi fronzoli. È un disco uscito in anticipo, nel bel mezzo di un periodo storico in cui la componente caotica sembra pervadere ogni singolo aspetto di ogni singola vita.

“Il mondo è infestato dalle stronzate, quindi ecco qualcosa di schietto da ascoltare mentre le affrontate tutte”, hanno scritto Killer Mike ed El-P – al secolo Michael Render and Jaime Meline.  “Speriamo vi porti un po’ di gioia. Rimanete al sicuro e non perdete la speranza lì fuori e grazie per dare a due amici l’opportunità di essere ascoltati e fare ciò che amano”.

Grazie a voi, ragazzi.

Si parlava di caos all’inizio – e non per caso. RTJ4 è un disco splendidamente caotico, venuto alla luce in un contesto spaventosamente caotico. Per farsi strada, dunque, ha la necessità di affilare le sue armi: è immediato e diretto. Parla in modo chiaro.

Killer Mike ed El-P hanno tutte le caratteristiche che servono per fare hip-hop di un certo livello: sono sicuri di sé e sanno perfettamente quello che gli accade intorno. Sembrano usciti da una graphic novel, compagni di avventure in una realtà corrotta e avida, in cui nulla va per il verso giusto, eccetto una cosa: la loro musica. In equilibrio tra vibrazioni prese in prestito dagli anni Novanta e trovate contemporanee, RTJ4 crea un ponte tra l’hip-hop classico e qualcosa che suona, sì, familiare, ma è al tempo stesso del tutto nuovo.

Prende un classico e lo porta qui e ora, senza togliergli la sua essenza.

Comincia con yankee and the brave (ep.4), nel bel mezzo di una battaglia con la polizia che non è reale, ma che serve a introdurre a un mondo fatto di cruda realtà: “Yankee and the brave are here/ Everybody hit the deck/ We don’t mean no harm/ But we truly mean all the disrespect”.

L’album è un lavoro spaventosamente attuale, che poggia su solide basi. “ooh la la“, ad esempio, è costruita sulle parti vocali di “DWYCK” di Gang Starr con Nice & Smooth: “First of all, fuck the fuckin’ law, we is fuckin’ raw”, vogliono farci sapere i Run The Jewels, a scanso di equivoci.

You watch the cops choke out a man like me

A fare da contraltare a una produzione che brilla di luce propria, ci pensano i testi, che riportano tutti con i piedi per terra. “You so numb you watch the cops choke out a man like me/ Until my voice goes from a shriek to whisper—‘I can’t breathe’/ And you sit there in the house on couch and watch it on TV” sputa fuori Killer Mike in “walking in the snow”. Questo testo, nato per parlare di Eric Garner, racconta adesso la storia di George Floyd.

La storia si ripete, soprattutto quando è la peggiore.

Rispetto al precedente album, RTJ3, qui c’è meno voglia di scherzare: una probabile conseguenza di una presa di coscienza sempre maggiore. I Run The Jewels cercano la verità e, per trovarla, pesano le parole, lanciate come freccette verso un bersaglio.

Colpire il centro è un gioco da ragazzi: “Used to be a time I’d see it and I’d say it/Now I understand that woke folk be playin’ Ain’t no revolution that’s televised and digitized/ You’ve been hypnotized and Twitter-ized by silly guys”, è la lineare constatazione di “goonies vs. E.T.“. E il brano si chiude con Mike che precisa: “Me and Jaime versus y’all with a knife and a musket/ May our tombstones read, ‘They were nothing to fuck with'”.

I testi sono spesso e volentieri autoreferenziali, come conferma “the ground below“: “You see a future where Run the Jewels ain’t the shit/Cancel my Hitler-killing trip/Turn the time machine back around a century”.

Gli scambi tra Mike ed El-P scorrono fluidi, mentre i due scrivono la loro sceneggiatura. Lavorano in coppia: “You covet disruption, I got you covered, I’m bustin’/My brother’s a runner, he’s crushin’, it’s no discussion,” dice El-P. E Mike aggiunge: “People, we the pirates, the pride of this great republic/No matter what you order, muhfucka, we’re what you’re stuck with”.

Move Ya Ass Music“, l’hanno definita i Run The Jewels. Come si fa a non essere d’accordo. Per riscrivere le regole di una materia fin troppo codificata, bisogna rispettarne i limiti e sapere bene come muoversi. C’è, in RTJ4, una rispettoso tributo all’old school che viaggia in parallelo con la modernità. D’altronde, lo stesso nome che hanno scelto per il loro duo fa riferimento a una canzone di LL Cool J (“Cheesy Rat Blues”: Just throw your hands in the air and wave ‘em like you just don’t care/ Keep ‘em there/ Yo, run the jewels, run the jewels, run the jewels).

pulling the pin” è una pietra incastonata ad arte, un pezzo unico forgiato con la voce della leggenda del soul Mavin Staples (cui si aggiunge il contributo di Josh Homme): “And at best, I’m just getting it wrong/ And at worst, I’ve been right from the start/ It hurts, I’m bein’ torn apart/ There’s a grenade in my heart and the pin is in their palm”.

RTJ4 è attualità all’ennesima potenza. Predicatori della costante guerra moderna, che altro non è che la quotidianità, Mike e Jaime descrivono immagini in movimento, un mondo che si evolve ma che, purtroppo, non va da nessuna parte.

Hanno, dalla loro, la forza delle parole. Qualcosa che, per fortuna, riesce ad avere un valore ancora oggi.

 

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