Se ci fossero ancora dubbi sull’importanza che il (buon) intrattenimento può avere, basterebbe ascoltare la storia di Party Nudo per fugarli praticamente tutti. Questo spazio di libertà è nato a Palermo due anni fa e in breve tempo ha saputo creare intorno a sé un microcosmo fatto di espressione, divertimento e sicure prese di posizione. Darne una sola definizione è praticamente impossibile e poco si presta alla sua stessa natura. Si può però, raccontarlo con le parole di Eva Ernst, Austro, Alessio Librizzi e Marco Agnello. Sono loro i protagonisti – dietro la console, ma non solo – di Party Nudo, una festa in cui si balla, una community, un evento condiviso.
Tutto è cominciato quasi per caso, come racconta Austro: «Io, Eva e Alessio ci conoscevamo grazie ad altre due realtà: il Palermo Pride e il Sicilia Queer Filmfest. Dovevamo trovare dei fondi per entrambi: ci siamo ritrovati a casa di Eleonora Giammanco e ci siamo detti moltissime cose, pensando di fare un party. Volevamo fare qualcosa di diverso, ma con un’attitudine punk: un po’ come dire “chi se ne frega, facciamo ciò che ci piace”. Abbiamo subito pensato al Rocket Bar, uno storico locale di Palermo che si prestava benissimo (il locale ha chiuso nel dicembre del 2019, ndr). La prima serata è andata bene, così come la seconda. Andando avanti, abbiamo sentito Marco, che ha subito mostrato il suo interesse, e da lì Party Nudo, che si è poi spostato ai Candelai, è esploso. Ha cominciato a camminare con le sue gambe, è diventato uno spazio riconoscibilissimo, con le sue idee, fortemente impregnato dall’esperienza culturale e politica che tutti noi condividiamo».
Riconoscibilissimo, è vero, a partire dal nome, di cui non tutti conoscono l’origine: «Mi ricordo la sera in cui cercavamo il nome per il party e Alessio se ne è uscito con il riferimento a Burroughs e a “Pasto Nudo”», spiega Eva. Quindi Alessio aggiunge: «Quando ho fatto questo nome, è come se si fosse accesa una lampadina. Viene da “Pasto Nudo” (Naked Lunch), uno dei miei libri preferiti. L’ho letto molte volte e contiene un sacco di riferimenti musicali, come l’Interzona (Interzone dei Joy Division)».
Con un tempismo allo stesso tempo casuale e perfetto, Party Nudo è riuscito a catalizzare su di sé, in modo immediato, una grande attenzione: «La gente – spiega Austro – è sempre stata molto ricettiva, predisposta ad accettare la sfida, a vivere questo spazio non soltanto come un party (che, in quanto tale, è fatto anche di logiche asettiche), ma come una cosa tutta sua. Non si è ospiti, né pubblico, bensì parte di un’esperienza di interazione collettiva che chiama in causa la sessualità e la libertà di esprimersi anche artisticamente, attraverso il corpo e la sperimentazione di genere. Per me tutto questo continua ad avere un animo punk».
Da queste parole emerge un aspetto fondamentale dell’esperienza Party Nudo: c’era bisogno di uno spazio così, nonostante esistessero degli eventi che già orbitavano in una galassia analoga. Mancava qualcosa, dunque, e quando è arrivata ha riempito un vuoto.
A conferma di questo, Marco spiega: «Mi occupo di intrattenimento da più di 20 anni. Loro erano freschi e mi attiravano tantissimo. Quando ho avuto i primi feedback su Party Nudo, all’indomani di una festa che avevano fatto, ho detto “Io questi li voglio!”. Era palese che andassero a riempire un vuoto che in città c’era. C’era bisogno di uno spazio non che fosse gay, etero o propriamente detto, ma di libertà – e in questo senso non punk, ma di libera espressione di se stessi – che in città mancava veramente da qualche anno. Hanno riempito quello spazio. Volevo assolutamente lavorare con loro e ci siamo riusciti: abbiamo fatto un percorso che ci ha portato a essere felici. Noi con Party Nudo siamo diventati più felici di prima».
Felici. Su questo sono tutti concordi, così come sono concordi sul fatto di essere diventati una famiglia, che si vuole bene e ogni tanto bisticcia, come è giusto che sia: «Abbiamo sviluppato – dice Austro – una sintesi di gruppo importante. È una dinamica familiare: discutiamo ma ci vogliamo enormemente bene, proprio come dei fratelli, e le discussioni nascono dall’intenzione di fare il meglio. Litighiamo tutti contro tutti, tranne che contro Eva, che è la nostra Svizzera. Litigare con Eva è quasi impossibile». E Marco aggiunge: «Litighiamo per un motivo preciso: non ci comportiamo come un party, ma come una rock band, abbiamo il concetto punk di famiglia che fa spettacolo: si litiga e ci si confronta».
La famiglia Party Nudo, ormai da un bel po’ di tempo, ha trovato casa ai Candelai, locale di Palermo con più di vent’anni di storia alle spalle: «Per come è pensato Party Nudo – spiega Alessio – la follia di un posto come I Candelai è perfetta. È un club storico, che ha ospitato i gruppi più importanti passati in città e non è pensato da un imprenditore per fare soldi, ma come sfogo di una comune artistica e anche politica. È l’unico posto che può permettere la follia totale di un party che si rifiuta di fare ragionamenti commerciali. A noi interessa offrire uno spazio di libertà e inclusività alle persone queer – che non sono necessariamente LGBT».
La parola libertà può benissimo essere il filo conduttore della nostra storia: una parola importante, così come importanti sono le idee di chi ha inventato e manda avanti il Party Nudo, in perfetto equilibrio tra la spensieratezza della pista da ballo e la serietà di istanze politiche e sociali. Lo riassume bene Austro: «Noi non abbiamo la pretesa di fare politica: noi facciamo politica con un party, lo spieghiamo e cerchiamo di farlo capire alle persone. Diamo spazio ai grandi temi della contemporaneità: ad esempio abbiamo dedicato un party alla bisessualità e, nella giornata contro la transfobia, abbiamo esposto la bandiera trans. Il secondo Party Nudo l’ho aperto con un ricordo di Marsha P. Johnson e Sylvia Rivera. La nostra follia è questa e la condividiamo. Ogni sabato pensiamo: dobbiamo abbattere i muri di questo club e contaminare il mondo là fuori, per renderlo un mondo in cui anche un argomento al quale non pensa nessuno, non subisca più violenza né marginalizzazione».
«Se Party Nudo ha raccolto un’esigenza diffusa, che ha una sua orizzontalità – aggiunge Alessio – è perché non esistevano spazi di elaborazione politica queer. Ce ne sono, ma sono estremamente escludenti, così come alcuni spazi LGBT. Per Party Nudo la differenza è un valore». Differenza, non diversità, un distinzione importante, come ribadisce Austro: «Non parliamo di diversità, ma di differenza, che è un arricchimento reciproco, non un motivo di marginalizzazione né di esclusione. In molti ambienti, anche di un determinato tipo, purtroppo c’è qualcosa di escludente che senti a pelle. La nostra idea non è mai stata di fare la guerra a nessuno, ma cerchiamo di cambiare questa cosa ballando. Ballare è un atto di resistenza e di esistenza».
Ballando, esistendo e resistendo si è consolidata sempre più una vera e propria community, che si sostiene e si mantiene in contatto. Questo universo Party Nudo è nato spontaneamente, spiega Eva: «Non ce l’aspettavamo. Ci siamo trovati a fare questa cosa e abbiamo visto da subito un riscontro positivo. Si sono create anzitutto connessioni tra di noi, che abbiamo caratteri diversissimi, ma lavoriamo molto bene insieme. Sono quelle sinergie magiche create dalla musica e create dalla gente: siamo andati a colmare un vuoto, in cui si sono ritrovati coloro che ne avevano bisogno. Lo abbiamo capito mentre si stava realizzando. Questa comunità si respira in ogni party, il party è una casa. Esiste un senso di comunità fortissimo». «È un senso di famiglia – aggiunge Austro – che si crea tra estranei che si danno un mutuo sostentamento».
Per la community, le distanze geografiche non sono un problema: in più di un’occasione, Party Nudo ha richiamato partecipanti anche da altre città e da altre regioni dell’Italia, come quando ha ospitato la prima ballroom in un club a Palermo. L’ispirazione per il party è arrivata da più fronti. Tutti i protagonisti – Eva, Alessio, Austro e Marco – hanno potuto sperimentare realtà italiane ed estere: così, i riferimenti vanno a Berlino, Manchester, Parigi e Amsterdam, ma anche a spazi italiani che hanno scritto pagine di storia, come il Decadence e Atlantide occupata di Bologna.
Palermo, capoluogo di un’isola nel cuore del Mediterraneo, città da sempre ricettiva, ha fatto tesoro di tutte quelle esperienze: «La grandezza di Palermo – spiega Alessio – sta nel suo essere una periferia, uno spazio limite, che permette ampi margini di manovra. Party Nudo è una fotografia dell’unicità di questa città ed è irripetibile al di fuori di essa: non è come un circo che porti in tournée. C’è una lettura politica che vale molto per i party: “gli imperi si fanno saltare ai confini”. Noi siamo la periferia della periferia, ma proprio quel confine è l’unico punto in cui puoi mettere insieme le cose sulla base di un’idea di libertà e di libera espressione del corpo e del desiderio. Il desiderio non ha catene, né classi politiche e sociali».
«La realtà culturale di Party Nudo – aggiunge Marco – parte dalla base e va verso l’alto, mentre tutte le realtà culturali partono da un vertice e vanno alla base. Noi, quindi, facciamo al contrario».
L’alchimia di Party Nudo è il risultato di una formula bel riuscita. Ballare è un atto di esistenza e di resistenza: è importante ribadirlo, oggi più che mai, nel corso di un mese di aprile che sembra essere uscito dalla penna cattiva di uno sceneggiatore arrabbiato. Sarà bello tornare in pista e sarà bello che chi ci ha fatto ballare, abbia i mezzi per continuare a farlo.
Post Scriptum
Voglio concludere con un piccolo extra. Ho chiesto a Eva, Austro, Alessio e Marco, a bruciapelo, di scegliere un disco ciascuno. Una risposta al volo, senza pensarci troppo su. Ecco le loro scelte.
- Eva: Billie Holiday & Ella Fitzgerald – “At Newport” (album dal vivo del 1958)
- Austro: The Cure – “Pornography”
- Alessio: Afterhours – “Hai Paura del Buio?”
- Marco: Radiohead – “Ok Computer”
Foto in apertura di Fabrizio Milazzo