Raccontare Gregorio e raccontare la genesi di Lady Greg è un po’ raccontare come avviene un innesto: un processo totalmente artificiale che svuota il naturale di sciocchi riferimenti a ciò che è norma, autenticità, per sciogliere, come nodi, natura ed artificio in un’unica soluzione, che parla di emozioni, di follia, di sensualità. Gregorio è attraversato da un senso di necessità.
Lady Greg è una necessaria espressione di libertà, di vita, che vive una vita propria. Una vita attraversata dalla storia di Palermo degli ultimi 30 anni, esemplificativa di come si sia evoluta la notte, di cosa sia successo al clubbing e di come la comunità LGBT abbia portato avanti le proprie lotte.
Gregorio nasce nel 1974 e vive giusto accanto alla Palermo fotografata da Letizia Battaglia, una Palermo di quartieri, di putie (botteghe).
Quella degli anni ’80 è una Palermo violenta, verace, una città sospesa tra i quartieri del centro storico: poverissimi, abbandonati a loro stessi; ed i nuovi quartieri residenziali di periferia, coi palazzoni alzati lungo i nuovi vialoni eleganti e provinciali. Schiere di cemento armato mostruoso e amorfo su Viale Strasburgo, via Leonardo da Vinci, strade su strade di anonimato, senza storia e senza passato.
«Nei sotterranei dei palazzoni eleganti della Palermo bene – racconta Lady Greg – di via Sciuti, via Cesareo, c’erano le discoteche degli anni ’80 e ’90. Ricordo la mia prima volta in discoteca, avvenne al Cerchio di viale Strasburgo, ero così emozionato che mentre stavo ancora sul bus, visibilmente agitato, non avevo scorto l’enorme insegna della discoteca: un cerchio rosso di plexiglas, tutto illuminato, piantato su un palo. Fu il conducente, che, vedendomi in difficoltà, mi chiese dove stessi andando e mi indicò dove scendere”.
L’ingresso in discoteca costava 8mila lire
Le discoteche colorarono quei quartieri nati dalla speculazione edilizia del sacco di Palermo, contribuirono a riempirli di emozioni, di vita, di storie, di sensazioni, li popolarono di corpi fuori dal quotidiano. Per un caso fortuito, nei primi anni del liceo, Gregorio entra in possesso di un biglietto per accedere alla pomeridiana del Cerchio: «Prima le discoteche proponevano tre spettacoli: il matinée per i più piccoli, per chi faceva sega a scuola – come si dice in italiano! – dalle 10 a mezzogiorno circa, una tantum; poi c’era la pomeridiana, sempre per i minorenni, dalle 16 alle 20 e poi il serale, ma solo per i maggiorenni, tutto il sabato chiaramente. Il biglietto d’ingresso costava 8mila lire, assolutamente fuori dalle mie possibilità. Per entrare in discoteca conservavo i soldi che mia nonna mi dava per mangiare a scuola, 1500 lire. Per ballare, non mangiavo!».
Oggi, chi conosce Gregorio, conosce una persona dall’emotività tracimante, una persona risoluta, diretta, forte. A volte l’esplosività di Gregorio è incontenibile: «Non sono sempre stato così, anzi! La discoteca m’intimidiva molto, se mi sono sciolto e convinto ad andare a ballare, gran parte del merito è di una delle persone più importanti della mia vita, la mia più cara amica, che purtroppo non c’è più, una persona positiva e volitiva, socievole, che mi ha preso sottobraccio quando ne ho avuto più bisogno e che mi ha accompagnato attraverso i momenti belli, come attraverso quelli più difficili della mia vita. Pensa che, quando arrivai la prima volta in discoteca, avevo passato un’intera settimana a riflettere su come vestirmi, così, preparata una mise, mi presentai in pista per sentirmi poi assolutamente fuori posto rispetto a tutti gli altri!».
Finito l’Istituto Statale d’Arte (oggi Liceo Artistico Vincenzo Ragusa e Otama Kiyohara) ed il servizio militare (all’epoca ancora obbligatorio) Gregorio diventa uno dei primi tatuatori di Palermo: «C’era stata una prima generazione di tatuatori, alla fine degli anni ’80 e poi arrivammo noi nei primi ’90, il tatuaggio aveva ancora il sapore del proibito, facevamo piccole cose la maggior parte delle volte: letterine, tribalini, solo raramente grossi disegni. Il tatuaggio era legato ad un’idea di galera, di esotico, di strano, che mi affascinava e che tutt’ora mi attira molto. Accanto all’attività di tatuatore, c’era la notte».
La città che non dormiva mai
In quei primi anni ’90 Gregorio conosce dei personaggi che in quel momento costituivano l’ossatura di una città che non dormiva mai: «Uscivamo tutti i giorni. Oggi si esce la sera, il venerdì ed il sabato, il più delle volte, spesso lo si fa per abitudine, perché la comitiva ci tira ad uscire, prima no. Prima uscivamo perché avevamo fame di vita, di visibilità, ogni giorno, anzi ogni notte, c’era un appuntamento, un evento, in uno o più locali, sparsi per la città. Dal lunedì alla domenica, tutti i giorni facevamo serata».
In questa città turbolenta, irrequieta, mai doma, sempre sveglia: «Diventai organizzatore, cominciai a darmi da fare. Prima da sotto-organizzatore, ruoli che non esistono più: vendevamo i biglietti ricavandoci, quando andava bene, 15mila lire, quando andava male guadagnavamo solo l’ingresso gratuito alla serata per noi. Ricordo che quando compii 18 anni lavoravo per il Veleno Club, timidamente chiesi al proprietario se poteva allungarmi qualche biglietto in più da dare in omaggio ai miei amici, per festeggiare il mio compleanno. Lui mi guardò fisso e poi si mise a ridere tirando fuori una scatola di biglietti appena stampati: aveva preparato un evento dedicato a me, al mio compleanno! Mi regalò l’intera scatola di biglietti, un tesoro! Ero felicissimo! Ricordo che addirittura un mio amico si adoperò per far riportare l’evento sul Giornale di Sicilia, così non solo ebbi tutti quei biglietti, ma anche il compleanno sul giornale!».
Giunto alla maggiore età, finalmente Gregorio può andare in discoteca la sera, frequentare gli after: «Incontrai due personaggi storici della Palermo del tempo, i GemiDJ, due ragazzi che traghettarono la scena dalla commerciale dell’epoca, Lionel Richie, Madonna, Bob Marley, verso l’elettronica, techno e house».
Alla fine degli anni ’90 si apre un periodo nel quale comincia il percorso che porterà a Lady Greg: «Iniziai a fare parte della scena che segue dei party fondamentali per la notte palermitana, quelli organizzati ai Grilli, party che ospitavano performer, personaggi, vocalist, DJ, che m’influenzeranno poi tantissimo, fu lì che approcciai quelli che considero i miei tre riferimenti estetici: la Contessa Pinina Garavaglia, una bohémienne d’avanguardia, salottara, elegante, eccessiva; la Sciakalla, forse una delle drag più influenti della scena house degli anni ’90; ed il principe Maurice, animatore delle notti di Ibiza, vocalist e DJ straordinario. E poi ricordo anche gente leggendaria come Ricky le Roy e Ziky il Giullare, la Gradiska, Miss Arduina, Claudio Coccoluto, Deny Love, Mariopiù e Franchino… era un momento molto diverso da ora, la gente aveva voglia di spendere per divertirsi, si cercava l’eccesso senza limite, si viveva un’opulenza ostentata. C’era questo appuntamento leggendario della domenica, si chiamava ‘Invito a Nozze’, durò una stagione e ci passò tutta la scena house europea, da Ibiza a Milano: tutto quello che c’era su piazza l’abbiamo portato a Palermo».
Nella seconda metà degli anni ’90, Gregorio, facendo animazione, comincia a sfoggiare outfit sempre più audaci, fino ad esibire fieramente e stabilmente mise en travesti: «Ero androgino, accattivante, portavo gioielli vistosissimi assieme magari ad una semplice polo e poi trucco pesantissimo, tacchi altissimi ed una camicia sbarazzina, giocavo sui contrasti, esageravo, piacevo! Ad un certo punto mi misero un microfono in mano e cominciai a fare il vocalist anch’io… beh ero stato ‘a scuola’ dai migliori!».
È così che Gregorio comincia ad avvicinarsi ad uno dei primi locali dichiaratamente gay della città, l’IT (oggi Exit) ed alla feste lì organizzate: «Le prime feste le facevamo direttamente al locale, poi ci spostammo in varie discoteche, fino a stabilizzarci al Gorky, che poi divenne Rise Up e che oggi è il Fabric, fu lì che fui battezzato Lady Greg. Era un sabato affollatissimo, mi ero arrampicato sul bancone del bar e mi stavo dando da fare, quando all’improvviso uno dei titolari del locale, nonché DJ, prese il microfono e disse ‘Gre! Che ne dici se ti chiamo Lady Greg?’ Un boato del pubblico in pista mi consegnò a Lady Greg. Fosse stato per me mi sarei chiamato Priscilla Stanford!».
Non c’è più una linea che ci divide, ma momenti in cui siamo una cosa sola
Gregorio così passa da un personaggio en travesti, ambiguo, androgino, notturno, a Lady Greg, drag e voce, tacchi e microfono: inglobando e rielaborando tutto il suo vissuto, raccontato coi suoi urli selvaggi, con le sue creste chilometriche, attraverso i suoi look leonini, col suo viso da Gulay al Moulin Rouge. Questo cambiamento racconta una transizione storica, politica, sociale: «Negli anni ’80 e ’90 ci insultavano, ci tiravano le uova e i pomodori, ce ne dicevano di tutti i colori, avevamo dei luoghi di ritrovo dove vederci, piccoli pub, che erano quasi dei fortini, oggi è diverso. Oggi forse le comitive sono più portate ad accettare tutti, è cambiato il modo in cui si racconta il mondo LGBT nei media, è cambiato il modo di vederci anche tra di noi. C’è una cosa a cui mi ha fatto pensare quest’ultimo Palermo Pride: noi siamo andati verso loro, col Pride, noi mondo LGBT siamo andati verso loro, e gli altri, loro sono venuti verso di noi. Se una volta c’era una forte consapevolezza della differenza tra noi e loro, oggi, finalmente, ci siamo solo noi, non c’è più una linea che ci divide, ma dei momenti che ci ricordano che siamo una cosa sola, sempre: c’è solo la città».
Lady Greg vive tra il 2000 ed il 2010 un decennio folle, che culmina con una residence all’Amnesia di Ibiza, presso una leggendaria festa, La Troya: «Mi conoscevano tutti a Ibiza, mi facevano entrare ovunque, mi divertivo a fare la porta e poi a smontare il locale in serata!». Rientrato poi a Palermo stabilmente, racconta: «Era un momento bellissimo, appagante, eravamo camaleontici, ogni festa un cambiamento, ad un certo punto mi arrivò voce che si sarebbe fatto anche da noi il Pride, non me l’aspettavo. Al primo Pride andammo con grande timore, con grande compostezza, ma Palermo si è aggregata da sola, spontaneamente, la città era pronta, fu un successo clamoroso, dal secondo Pride in poi, quella giornata, divenne l’appuntamento attorno al quale gira tutto l’anno, tutto il mondo».
Lady Greg è stata ripresa dalla cronaca nazionale per un episodio avvenuto durante l’ultimo Palermo Pride: «Beh, stavo solo chiacchierando con questo giovane carabiniere, che commentava entusiasta questa folla che marciava così… felicemente! C’hanno scattato una foto e siamo finiti su parecchi giornali! La drag ed il carabiniere!».
Il Palermo Pride è forse l’unico momento di consapevolezza sociale ed ecumenica prodotto spontaneamente dalla base del corpo cittadino nel recente passato: la parata, la marcia, la festa, sono un momento di elaborazione collettiva dello stato delle cose in città. Il Pride parla di migrazioni, di diritti, di inclusione sociale, il Palermo Pride ha la capacità di parlare dritto in faccia alla città, una città che risponde che esiste e che resiste.
L’esperienza del Palermo Pride è un’esperienza che unisce tante realtà palermitane che esprimono differenti visioni della notte: «Io, anche grazie al Pride, collaborai con ThePopshock! e conobbi Marco Agnello, che poi mi volle portare anche a Party Nudo. Per me Party Nudo all’inizio fu una grossa sfida, da fuori mi ricordava Berlino o il Torture Garden di Londra, così decisi di riprendere quella mia inclinazione estetica all’androginia, tornai en travesti, come nei primi anni ’90, ecco è come se avessi chiuso il cerchio».
«Penso che Palermo si distingua rispetto alle grandi città del Nord per un maggior grado di tolleranza ed accettazione. Mi spiego: penso che le grandi città del Nord siano state e siano semplicemente indifferenti e passive rispetto ai problemi della comunità LGBT, queste le mie sensazioni dai racconti degli amici, dalle mie esperienze, invece Palermo è una città di cuore e di pancia, dove oggi si assiste ad una maggiore integrazione sociale, a tutti i livelli, rispetto a molte città del Nord».
Nota off:
«Devi sapere che adoro cantare, fare il vocalist, amo le basi house, di quella house newyorkese, morbida, carica del groove delle grandi voci femminili, a volte metto dei dischi a casa e via, faccio un po’ di vocal, è un peccato che questa musica non passi più in discoteca! Vai a sentire sto pezzo: “Life is Music” (The Ritchie Family), ecco questa è la musica su cui puoi sentire al massimo Lady Greg: The Voice!».
Foto in evidenza di Laura Panzica