Quando i Jet debuttarono con il loro album “Get Born“, gli amanti del rock’n’roll nudo e crudo (tra cui il sottoscritto) videro in loro i “Giusti che salveranno Sodoma e Gomorra”. Purtroppo, similmente alle due città bibliche, anche la band australiana in pochi anni trovò il modo di autodistruggersi, facendo prendere ai quattro amici di lunga data direzioni diverse.
Dalla sua casa sul lago di Como a Milano, Nic Cester non ha mai nascosto il suo amore per l’Italia, di cui vanta fieramente origini, vivendo un periodo di ricerca interiore nel Vecchio Continente e una seconda primavera artistica.
Prima collabora con gli Afterhours cantando “Veleno” nel remake di “Hai Paura del Buio”,entrando così nella Milano che conta, musicalmente parlando, e poi inizia le registrazioni del suo primo album solista, “Sugar Rush” insieme a Tommaso Colliva e Calibro 35, formando una band tutta di eccellenze italiane, i ” The Milano Elettrica” (Adriano Viterbini, Sergio Carnevale, Daniele Plentz, Roberto Dragonetti e Raffaele Scogna).
La nuova band, composta da musicisti con esperienze musicali del tutto differenti (si passa dai Bud Spencer Blues Explosion ai Bluvertigo a Ghemon), insieme al gusto tipicamente Italo-Americano dei Calibro 35, porta Nic Cester a scoprire nuove sfaccettature della sua indole rock’n’roll, fatte di psichedelia, soul, blues ed un pizzico di elettronica. “Sugar Rush” ne è il manifesto.
Se è vero infatti che Cester non ha mai nascosto il suo amore per certi soluzioni beatlesiane all’interno dei dischi, canzoni come “Psichebello”, “Strange Dreams”, “On Top Of The World”, “Not Fooling Anyone” o “Neon Light” aprono al cantante australiano nuovi orizzonti, sfociando in sonorità e brevi jam sessions dal gusto psichedelico e fondendosi con una sezione elettronica sapientemente dosata, che da al disco quel tocco di modernità, senza mai discostarsi troppo dalla vera identità dell’artista. E’ indubbio infatti, che Nic Cester sia universalmente riconoscibile per il suo modo di cantare, in cui alterna frasi sussurrate ad intere strofe graffiate e graffianti ( vedi “Hard Times” o “Little Thing”) con quel suo timbro unico nel suo genere che lo ha portato nell’olimpo dei cantanti rock.
Il 39enne australiano si muove con disinvoltura tra un brano e l’altro, mostrandosi sempre a suo agio anche in quelle canzoni che più si allontanano da ciò che era il suo passato, con la stessa grazia di una tigre adulta ed esperta, capace di aggirarsi con eleganza sorniona nel sottobosco, per poi sferrare l’attacco mortale al momento giusto.
Esempi lampanti sono “Sugar Rush”, il brano che da il nome al disco intero, ed “Eyes On The Horizon”, il primo singolo, in cui Cester alterna momenti di calma apparente a veri propri ruggiti di classe pura, mettendo subito in chiaro fin dalle prime note che gli anni del rock’n’roll sono passati e lui è cambiato, ma che sa graffiare con la stessa rabbia e precisione di quindici anni fa.
Proprio perché il disco è quasi completamente “Italiano DOC”, concedetemi un paragone finale con un’altra eccellenza del Bel Paese, il cibo; in un mondo in cui la ricerca del particolare a volte rasenta l’assurdo (vedi le nuove tendenze di nouvelle cousine, la cucina molecolare, le pietanze scomposte e chi più ne ha più ne metta), “Sugar Rush” per me è un piatto di spaghetti al sugo, che, se a prima vista può sembrare semplicissimo da realizzare, deve essere cucinato alla perfezione, prendendo gli ingredienti migliori: pasta, pomodoro e basilico. Tre prodotti che arrivano da diverse parti del mondo ma che gli italiani hanno sapientemente messo insieme, creando qualcosa di semplicemente unico. Unico come la commistione tra la voce del bell’australiano Nic, le sonorità americane e il gusto musicale italiano in “Sugar Rush”.