Un colpo di fulmine. Non saprei definire in altro modo quello che è successo quando ho sentito per la prima volta la voce Michael Kiwanuka, vero soulman che canta nel presente, con l’anima nel passato.
Il suo disco più recente, “KIWANUKA” (2019), è un bellissimo viaggio fatto di suoni acustici ed elettrici, di percussioni e di cori, di fiati e vecchi sintetizzatori. Parla dell’importanza di accettarsi e della capacità di superare le paure, rivelando un cuore che ha faticato, prima di trovare il suo posto nel mondo. Mi piace davvero, questo viaggio, ed è per questo che ho deciso di parlare di “Hero“.
Già, “Hero”. That song made my day, non c’è dubbio.
È una canzone che ti fa seguire il ritmo con la testa e con il corpo, che cattura la tua attenzione, che non è mai un sottofondo. Se cammini, dà il ritmo ai tuoi passi. Se sei fermo, ti fa vibrare. Si snoda tra riff di chitarra, linee di basso di matrice soul, il suono dell’organo e i cori (dietro, comunque, c’è un produttore come Danger Mouse). Ha la forza delle note e delle parole.
“Hero” è preceduta da un intro, un morbido intermezzo fatto di voce sporca: “I won’t change my name, no matter what they call me”, dice Kiwanuka, prima di chiedersi se è davvero un eroe. Ascoltando le sue parole, ho pensato che non potevo fermarmi alla semplice superficie delle cose: dovevo scavare un po’, per capire da dove provenissero.
Am I a hero now?
Così ho scoperto che la canzone è dedicata a Fred Hampton, giovane attivista delle Black Panthers ucciso a Chicago nel 1969, e che rende omaggio ai protagonisti del movimento per i Diritti Civili in America, in particolare Black Power e – appunto – Black Panther.
Nel video di “Hero” Michael Kiwanuka crea un ponte tra passato e presente, diventando interprete e protagonista. Sullo schermo scorre, come un film, un racconto che comincia dalla fine, che ci porta nel passato, ma anche nella circolarità di una storia che torna sempre, inesorabilmente, a ripetersi.
La narrazione fa anche riferimento al programma Cointelpro dell’FBI che, negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, ha sorvegliato e, in alcuni casi, materialmente eliminato organizzazioni e personaggi sospettati di essere coinvolti o di sostenere attività politiche contro l’establishment.
L’eroe del titolo e del testo, dunque, non è solo uno. Sono tanti, sono tutti quelli che hanno ispirato e continuano a ispirare Michael Kiwanuka, uno che canta bene e scrive bene. Uno che si fa ascoltare e si fa capire: tutti pregi, questi, che nel 2020 valgono doppio.