Un inno agli inizi, ai nuovi inizi, questo è “Cosa faremo da grandi?” di Lucio Corsi (Picicca, 2020). Lo è a partire dalla canzone trainante, che dà il titolo all’album, come a ricordare che tutto quello che abbiamo deciso di fare noi grandi deve essere rivisto e riscritto, attraverso un filtro diverso, legato a un modo rinnovato di vedere il mondo, in cui non contano più le cose che raggiungiamo, ma la fantasia che abbiamo messo ogni volta che cominciamo qualcosa di inedito.
Ed il mondo di Lucio, infatti, è fatto di visioni fanciullesche ma non infantili, un mondo di racconti, di grammatica della fantasia, pieno di inverosimiglianze. I fatti che si presentano nel racconto sono spesso fatti impossibili, accompagnati da figure misteriose o inesistenti. Storie fantastiche, insomma.
Così capita che anche il tempo e lo spazio raccontati nelle sue canzoni si avvicinino a quelli della fiaba, con le loro caratteristiche particolari, come il fluire irregolare dello spazio-tempo, non assimilabile al tempo scandito dall’orologio, o il racconto di cose o persone perdute.
Della fiaba, però, ci sono anche le caratteristiche ed i comportamenti antropomorfizzati che passano dall’uomo agli animali ed alle cose. Fino ad arrivare agli oggetti che prendono vita. Nei racconti di Lucio Corsi le cose inanimate oltre a prendere vita provano sentimenti e riescono anche a commuoverti, quasi quanto La teiera di Hans Christian Handersen.
Le sue canzoni vanno al ritmo cadenzato ed onomatopeico del viaggio attraverso il treno dei suoi pensieri – “Freccia bianca”, ad esempio, lo riporta a casa) – o le onde che si aggrovigliano o, ancora, l’orologio che scandisce quel tempo così diverso da quello conosciuto. E poi ancora il vento, l’amore e la fantasia: tutti ingredienti utili a far riemergere quella sfera sensibile delle nostre emozioni.
Lucio non è sceso a compromessi, il suo nuovo album, ma anche i precedenti, sono spogli di qualsiasi tipo di compromesso musicale e stilistico, guadagnando così la libertà di una narrazione scritta e musicale quasi anarchica, naif, in cui ci invita ad entrare, a seguirlo nel suo paese delle meraviglie.