Lo scorso dicembre è stato pubblicato il terzo capitolo di “Alone”, l’originale progetto di Gianni Maroccolo. L’obiettivo, per il noto bassista e produttore (Litfiba, Csi, Pgr, collaboratore e produttore di CCCP e Marlene Kuntz), è la pubblicazione di un volume ogni sei mesi e continuare l’opera in maniera “perpetua”, senza fissarne un termine. Ogni 17 di dicembre e di giugno “Alone” uscirà nei negozi con il suo nuovo tassello.
Per chi non avesse avuto ancora modo di sintonizzarsi sulle tracce di questi album, si aspetti tanta sperimentazione, un’assoluta libertà di esecuzione ed una sorta di saggio sul basso elettrico. In grado di fare praticamente tutto, lo strumento di Gianni Maroccolo, insieme all’elettronica e alle preziose collaborazioni, crea dei flussi sonori evocativi, diventa percussione e chitarra; si divide e si riproduce, alternando a momenti placidi e d’atmosfera, altri dai tratti furiosi e violenti.
Compagni di un viaggio diretto verso l’ignoto sono le illustrazioni di Marco Cazzato e i racconti di Mirco Salvadori e di Nina Maroccolo, che si intrecciano vicendevolmente fino a creare la narrazione di ogni volume.
Per capire lo sviluppo di “Alone” (di cui Maroccolo preferisce la pronuncia italiana) bisogna partire dalla decisione personale dell’Autore di voler sperimentare “in perfetta solitudine” (da qui il gioco di parole con l’inglese Alone), soprattutto dopo le esperienze collettive che lo hanno reso noto ai più, di cui sopra, e le ultime produzioni col compianto Claudio Rocchi.
Ogni volume di “Alone” ha un sottotitolo, un animale in copertina e un tema specifico.
Il primo volume, “Tundra”, vedeva un massiccio bisonte in copertina. La musica era come calpestata continuamente da quella stazza. Venivano percorse distese infinite e gelide dove la vita, qualora esistesse, si faceva ardua e contemplativa.
Il secondo volume, “Abisso”, lasciava geograficamente la terra e scendeva nelle oscurità dei mari e forse dell’animo umano. Diventando rarefatto, mostruoso e violento, era il racconto musicale di un naufragio da cui ci si prometteva una via d’uscita.
Questo terzo volume, “Palude”, presenta in copertina una libellula in posa su una foglia sottile. Nel metaforico luogo dove si svolge la storia è presente ancora dell’acqua, ma è stagnante, apparentemente priva di vita. In realtà quell’immobilismo nasconde un esercito di nuove e future nascite.
Negli intenti la narrazione di Maroccolo racconta sempre un mondo negativo, ostile, dove la specie umana sembra perdere di continuo le proprie bussole ed è volta all’autodistruzione. Eppure, vuole essere allo stesso tempo inno alla vita, fuoriuscita dall’abisso. Qui è molto presente l’influenza di un altro progetto che vede il nostro Marok già al terzo album: con il supergruppo Deproducers infatti, le tematiche del rapporto tra uomo ed ambiente sono al centro dell’attenzione, unendo poesia e divulgazione scientifica.
“Alone Vol. III” contiene solo tre pezzi e condensa il tema della violenza nei confronti dei più deboli. Viene abbandonata la già poco consueta forma-canzone di “Vol. II”, e si abbraccia una certa teatralità e rumorosità che rimanda agli Einstürzende Neubauten.
“Storia di Loletta” inizia l’album come se l’ascoltatore stesse aprendo gli occhi sul mondo dopo un periodo di oscurità troppo lungo.
“The Slash” e “Catene” sono due pezzi di oltre 20 minuti ciascuno che vedono alla voce l’interpretazione di Luca Swans Andriolo (Dead Cat in a Bag) sui testi in inglese di Nina Maroccolo. Il primo racconta di Loletta, una bambina che esce dalla caverna dopo dodici anni e si trasforma nella strada che sta percorrendo.
“Catene” chiude l’album. È musica ambient sulla quale si continua a narrare la surreale storia di Loletta. Portata lontano dalla società da chissà chi, la bambina è destinata ad una fine drammatica, come tanti altri suoi coetanei. E quando tutto sembra senza soluzione, si fa forte il desiderio di rinascere, mentre d’intorno tutto è palude.
“Alone” possiede echi riconoscibilissimi e chi ha amato le precedenti produzioni troverà facilmente delle citazioni, più o meno volute: si passa dai CSI ai Litfiba de l’Eneide di Krypton, per non parlare di alcune reminiscenze derivate dal Battiato più sperimentale.
Insomma, Gianni Maroccolo lo noti subito tra mille note, con il suo classico timbro metallico ed effettato.
Oggi Gianni Maroccolo ha trovato il proprio “moto perpetuo” e speriamo che non lo fermi nessuno.