“Estate 2020” era uscita mesi fa un po’ in sordina, col suo fare da tormentone e la provocatoria risposta ad una stagione concessaci per grazia. Era testimone della consueta dicotomia dentro/fuori, possibilità/impossibilità e l’inevitabile ripiegamento su sé stessi. Diceva: “Se fuori è tutto nero dentro c’ho un arcobaleno”, “quest’estate per fare festa abbiamo solo un posto che resta, la testa”.
“Nuvole” è la nuova canzone di Frankie Hi-Nrg MC – non si parla ancora di un nuovo album in uscita – e ci viene sbattuta in faccia la sua consistenza. Profondamente old school, torbida, ritmata da vocalizzi eighties, plumbea, dai toni pessimisti e disillusi. L’iperrealismo di Frankie, il rapper fuori dal coro, senza casa, autonomo e autarchico, intellettuale e volutamente poco prolifico, rapper di sostanza che preferisce “lavorare sul togliere” che riempire di nulla cosmico gli scaffali virtuali della nuova musica.
È facile constatare che “Nuvole” sia un ritorno al rap come dio comanda, benché sia un lavoro minimo ed essenziale arriva dritto al punto con poesia. È una foto del presente che immortala l’attualità che ci rende ogni giorno più insensibili davanti ai tg e alle notizie online, perché lo storytelling non c’è o se c’è è fatto male. E se siamo assuefatti alla cronaca, il gesto poetico, col suo ricercato gioco di parole, dà nuovi significati ad un contesto sempre meno significante. Qui il ruolo di “Nuvole”: un fermo immagine di un presente zeppo di gente stanca, infermieri e malati misto a ricordi amari che sopravvivono sottoforma di briciole. Lo sguardo dentro e fuori combacia.
Frankie usa, non a caso, il vocabolario dei tempi che viviamo: invisibili, liberi, immune, comune, droni, infami, vicini di casa, stare a casa, vaccini, e lo fa per raccontare alla sua maniera l’isolamento e lo scoramento diffuso. Eppure non è buio tutto quel che luccica: “adesso per me voglio qualcosa di meglio”.
Le “Nuvole” di Frankie sono pesanti, piene d’acqua e fuori splende il buio. Nessun “andrà tutto bene” si riverbera su queste frequenze e “quelli che benpensano”, chissà, magari vivono la stessa identica situazione. L’uomo è nel suo labirinto, le strade sono tutte periferie: “ogni istante è da vivere”, nonostante tutto.