Il nuovo album di Four Tet è una lunga raccolta di tracce idm, techno, dubstep e suoni cristallini che continua gli esperimenti dei suoi due album precedenti. Da “Morning/Evening” (2015), formato da due suite di venti minuti, prende in prestito l’aria contemplativa e spirituale, dal più recente “New Energy” (2017) riprende la “forma canzone”, aggiungendole un’ambientazione naturalistica e conferendo al nuovo “Sixteen Oceans” un’impronta stagionale.
Four Tet si è lasciato definitivamente alle spalle le oscurità à la Burial che avevano caratterizzato lavori come “Beautiful Rewind” (2013) ed è ritornato alla “folktronica” che lo contraddistingue, seppur in maniera diversa rispetto al passato. Ritornano gli strumenti acustici, echi di clavicembali e chitarre nel mood gipsy di “Insect Near Piha Beach” o nell’ambient di “Harpsichord”, a ricordarci come si è evoluto il sound dai tempi di “Rounds” (2003).
Sono soprattutto i suoni della natura a prevalere, in un mix di minimalismo robotico (“Romantics”, “1993 Band Practice”, “Green”) e riprese en plein air (“Bubbles at Overlook 25th March 2019”).
Four Tet ha abbandonato da tempo anche le parentesi rap e il sound “urban” delle metropoli, approdando in ambienti più confortanti, adatti alla contemplazione. E non è un caso che l’album rispecchi proprio una sorta di percorso di purificazione interiore per arrivare, alla fine, a notevoli livelli di illuminazione (“4T Recordings”, “This Is For You”, “Mama Teaches Sanskrit”).
“Sixteen Oceans” è la colonna sonora di una primavera che vediamo sbocciare dalle nostre finestre (“Love Salad”), è la musica che accompagna gli alberi che fioriscono, di lunghe passeggiate al parco mentre un inverno lentamente va via.
Non mancano i nuovi classici “School”, “Baby” (accompagnato anche dal mozzafiato videoclip) e “Teenage Birdsong” (uscito come singolo la scorsa estate).
Non è poi strano che in questo marzo 2020 Four Tet e l’amico Dan Snaith, per i più Caribou, siano usciti entrambi con i nuovi rispettivi lavori, quasi a volerci accompagnare, con i loro beat, in questo periodo difficile per tutti. Sono entrambi album ottimisti e pieni di “good vibrations”, in cui la vulnerabilità viene soppiantata da guizzi di speranza.
In conclusione, “Sixteen Oceans” accompagna questo pazzo e casalingo marzo 2020 mettendo insieme Mùm, Sigur Ròs, Tycho, Alice Coltrane e soprattutto un mix del catalogo Four Tet.
E nel frattempo sono già passati vent’anni da “Dialogue” e dieci dal classico “There is love in you”.
Buona primavera a tutti.