Riuscire a entrare nella mente di Elvis Costello è un’operazione affascinante.
Autore di splendide canzoni, spesso i suoi ritratti musicali hanno descritto la realtà, la società, i rapporti umani allo stesso modo di un Thackeray con la sua “Fiera della Vanità” o dei quadri satirici di Hogarth densi di simbologie e ammonimenti.
Ho provato a scegliere le sue dieci canzoni che preferisco, prendendo in esame il periodo che va dal suo primo disco “My Aim is True” del 1977, fino ad arrivare al 1991, con “Mighty Like the Rose”.
Già mentre scrivo queste righe, sono pentito di non avere inserito una canzone o un’altra, ma si sa le liste sono crudeli. Dentro o fuori, senza possibilità di salvezza.
So anche che ci sarà qualcuno che, scontento, si lamenterà perché non ho inserito la sua preferita, oppure criticherà la mia analisi del testo. Ma d’altra parte, come mi ha detto qualcuno una volta: lista mia, regole mie.
Quindi buona lettura e buon ascolto.
Alison – My Aim Is True 1977
Quando esce il primo trentatré giri di Elvis Costello, si è nel pieno dell’epopea Punk.
Mentre i testi dei gruppi del momento sono infarciti di trito nichilismo, oppure non vanno oltre le tre parole tre, ecco che il nostro se ne esce con una serie di canzoni con testi intelligenti e musicalmente articolate.
È il caso di Alison, che con un andamento sbilenco alla Steely Dan, parla dell’incontro al supermercato di due ex. Amore, rapporti finiti, rimpianti sono un tema ricorrente delle sue canzoni.
Come dicevo è l’incontro tra due ex e di solito, come avviene in questi casi, a meno che non vi siate lasciati in malo modo e quindi mettete mano alle armi, inizia il solito balletto ipocrita, “ti trovo benissimo” o “cerchiamo di non perderci di vista”, con una nota di fiele che rende amaro il tutto.
Nel caso particolare sembrerebbe che lui si sia preso più di un passaggio con lei (“ho sentito che il mio piccolo amico ti ha sfilato il vestito della festa”), e lei non sia rimasta tanto contenta. Forse c’è anche una gravidanza, forse il figlio è di lui. Forse.
Attenzione all’andamento zuccheroso del pezzo: i veleni più letali sono quelli che lasciano un buon sapore in bocca.
Less than Zero – My Aim is True 1977
Elvis e la letteratura parte 1.
Ero giovane e di belle speranze quando nella rubrica letteraria tenuta da Pier Vittorio Tondelli sul mensile Rockstar, che all’epoca compravo, trovai per la prima volta il nome di Brett Easton Ellis e del suo primo romanzo “Meno di Zero”.
Ancora oggi mi chiedo che legame abbia con il libro, e in ogni caso, anche se ho più di un sospetto a riguardo, le perplessità non sono diminuite con il tempo.
A me le canzoni che dicono tutto subito, così come i libri che ti fanno capire già dall’inizio come andranno a finire, non mi sono mai piaciute. Non dico che devono essere dei trattati concentrati di semiologia, ma dico, non siete un po’ delusi quando alla fine della canzone vi accorgete che non vi è rimasto nulla e avete perduto cinque minuti della vostra vita?
Tranquilli, Less Than Zero non è quel tipo di canzone. Chi è Mr Oswald? Cosa combina il protagonista con sua sorella? Che cavolo significa meno di zero? Siete già curiosi, vero? Ah, nel libro di Easton Ellis, Costello compare di sfuggita.
È nel poster della copertina del suo disco del 1981, Trust, appeso alle pareti di uno studio di psicanalisi. Easton Ellis, qualche tempo dopo, ha scritto quello che sarebbe il seguito ideale del libro e lo ha intitolato Imperial Bedroom. Però non so dirvi se questa volta il riferimento abbia una sua ragione o meno, quindi se volete togliervi il dubbio andatelo a leggere e poi mi fate sapere…
(What’s So Funny ‘Bout) Peace, Love And Understanding – Singolo 1978
“As I walk through/ This wicked world/Searchin’ for light in the darkness of insanity”.
Di sicuro molti di voi si ricordano Bill Murray che canta questi versi in Lost in Traslation, il film di Sofia Coppola.
La più bella canzone cantata da Elvis Costello non di Elvis Costello.
Eh già. L’autore è Nick Lowe, una vecchia volpe dell’ambiente musicale inglese la cui carriera parte dal 1967. Aveva scritto questa canzone alcuni anni prima per i Brinsley Schwarz, il gruppo pub rock di cui faceva parte. Ma dopo che Costello se n’è appropriato, questo non lo ricorda quasi nessuno.
Il testo parla di come sia difficile affrontare i momenti di sconforto che ci capitano durante la nostra vita, di mantenere accesa sempre la fiammella della speranza nonostante le circostanze facciano pensare al peggio.
Originariamente previsto solo come singolo, il brano fu inserito nelle ristampe successive di Armed Forces, il terzo album di Costello, il secondo insieme con quella che sarebbe diventata la su famiglia musicale, gli Attractions, che lo avrebbero accompagnato, con alti e bassi, fino ai giorni nostri.
Un’ultima curiosità su Nick Lowe. Per alcuni anni è stato imparentato con Johnny Cash, avendone sposato la figliastra Carlene. In realtà, più che per i suoi legami familiari, a me piace ricordarlo perché suona in uno dei miei dischi preferiti: Bring the Family di John Hiatt. Lowe suona il basso, affiancato da sua maestà Ry Cooder alla chitarra e il veterano Jim Keltner alla batteria. Un disco seminale e necessario. Credetemi sulla parola.
High Fidelity – Get Happy!! 1980
Elvis e la letteratura parte 2.
Chi non ha letto il libro di Nick Hornby è pregato di accomodarsi all’uscita, grazie.
È una mia idea, ma proprio Elvis Costello sarebbe stato il protagonista perfetto della trasposizione cinematografica, se solo Frears avesse lasciato l’ambientazione a Londra e non a Chicago con quel broccolone di John Cusack. Dite la verità: non vi ricorda quel commesso del vostro negozio di dischi preferito, che riusciva sempre a proporvi musica interessante e a riconoscere una canzone al primo fischio?
Torniamo al pezzo. Se il romanzo può definirsi come qualcosa a metà tra La Ricerca del Tempo Perduto, Il Giovane Holden, e Fantozzi contro tutti (scherzo, ovviamente), la canzone esamina la situazione del tradimento simmetrico di una coppia che si ritrova con i rispettivi amanti nello stesso momento. Non c’è pentimento o dubbio nei loro pensieri, il senso di colpa è rimosso, sostituito dalla falsa convinzione che tutto quello che sta accadendo non avrà ripercussioni sul loro rapporto. Tutto è osservato in un’ottica pessimista, come se l’autore volesse dimostrare che la sincerità è un optional, specie quando si parla di amore.
Ma c’è una domanda che rivolgerei al nostro amico, da tempo felicemente sposato con l’affascinate pianista jazz Diane Kral.
Quando amiamo e siamo delusi, siamo inclini a pensare che quello che abbiamo vissuto ci abbia cambiato per sempre e che nulla sarà più lo stesso. Ma è davvero così?
E questo mi serve come aggancio per la canzone successiva.
Almost Blue – Imperial Bedroom 1982
Il perfetto disco pop è un’ossessione che ha tormentato artisti e gruppi dall’uscita di Pet Sounds dei Beach Boys. Allora furono i Beatles, l’anno dopo, a rispondere con il disco del Sergente Pepe e fu una risposta che ha lasciato il segno. Così, da anni, artisti e critici, credono di trovare il degno successore a quei capolavori. E ciclicamente prendono cantonate.
Non è facile trovare il giusto equilibrio tra forma e sostanza, tra la leggerezza vigliacca di una canzonetta pop con la struttura di un testo che leggero non sia. E certo non sarà un’orchestra con violini e fiati a trasformare le canzoni. Se sono brutte, restano brutte, c’è poco da fare.
Fino ad oggi, pochi sono coloro i quali si siano cimentati in questa impresa e ne siano usciti vincitori, Burt Bacharach per fare un esempio, i Kinks più ispirati, mentre in tempi recenti gli Steely Dan o i Prefab Sprout. Gli ultimi XTC di sicuro.
Anche Elvis Costello rientra in questo ristretto elenco. Per qualcuno, Imperial Bedroom è il suo capolavoro, secondo quel discorso di equilibrio tra forma e sostanza che facevo sopra.
E poi Almost Blue è una torch song di tutto rispetto. Anche se. Anche se, ritengo che la versione che ne ha fatto Chet Baker – potete ascoltarla in Let’s get Lost, colonna sonora del documentario di Bruce Weber a lui dedicato – sia di un altro livello.
Se, infatti, Costello è un perfetto crooner, gigioneggia con le parole, la sua interpretazione galleggia sul testo, il pathos e l’intensità di Chet Baker, trasformano la canzone, aggiungendo quell’intimità, quel senso di disperazione che manca nella versione originale “C’è una ragazza qui ed è quasi te”: Elvis Costello sarà un mago delle parole, bastano queste poche righe per descrivere il tutto, ma Baker ha vissuto, ha sofferto, ha perduto più di lui e si capisce subito.
Gioco, partita, incontro.
Everyday I write a Book – Punch The Clock 1983
Punch the Clock è secondo il mio modesto parere il disco che equilibra meglio gli aspetti della scrittura di Elvis Costello. I ritratti satirici, le storie d’amore con o senza complicazioni ci sono sempre, ma si parla di altro, C’è per esempio quella dolente canzone sulla guerra che è Shipbuilding e della quale scriverò dopo.
Everyday I write a book parla di amore e libri e a me le canzoni che parlano di libri piacciono tantissimo, tipo The Booklovers di The Divine Comedy o My Favorite Book degli Stars.
D’altra parte, ogni storia d’amore non ha la struttura di un libro?
“Capitolo primo: non andavamo davvero d’accordo.
Capitolo due: penso di essermi innamorato di te.
Hai detto che mi avresti sostenuto nel mezzo del capitolo tre.
Ma eri all’altezza dei tuoi vecchi trucchi nel capitolo quattro”.
Infatti, all’inizio un bravo scrittore introduce i personaggi principali e ti fa intuire quella che potrebbe essere la trama, così come in una relazione amorosa i primi tempi servono per conoscersi meglio e illudono che ci sia un futuro già definito.
Poi c’è il colpo di scena, l’evento che non ti aspetti e allora capisci che forse le cose non sono come ti aspettavi. Proprio quello che accade quanto scopri aspetti del partner che non avevi notato prima oppure , una volta finito l’effetto delle lenti color rosa dei primi tempi, arrivano i problemi e le difficoltà.
A quel punto le certezze iniziali cadono e i dubbi e le perplessità s’impossessano di voi. Continuate ad andare avanti, pagina dopo pagina, avidi e incuriositi se il libro è avvincente, annoiati e frettolosi se invece il libro è una delusione. Allo stesso modo procedono le vicende di una coppia, fino a quando non arrivano i capitoli finali della storia d’amore e la sua conclusione.
E non sempre è un lieto fine.
Shipbuilding – Punch The Clock 1983
In origine c’era una canzone scritta da Clive Langer per Robert Wyatt. Ma le parole non erano un granché e Wyatt non era molto convinto. Così Langer si rivolse a Elvis Costello che ne tirò fuori una critica diretta alla cruenta e sproporzionata risposta del governo inglese all’invasione delle isole Falkland, o Malvinas se siete sudamericano, da parte delle Argentina.
Lo sguardo di Costello è rivolto ai lavoratori dell’acciaio, prevalentemente dell’Inghilterra del Nord e dell’Irlanda, operai chiamati a rimpiazzare le navi distrutte nelle battaglie, e quindi contenti di poter portare a casa uno stipendio che magari servirà a comprare un nuovo cappotto o un paio di scarpe per la moglie o una bicicletta come regalo di compleanno per il proprio figlio, ma allo stesso tempo vittime, quando i loro fratelli, figli, padri, muoiono in quelle stesse battaglie.
A me ha fatto sempre impazzire il suono della frase “It’s just a rumor that was spread around town” (È solo una voce diffusa in città”), mi ricorda l’inizio di qualche racconto di Dickens con quel senso di attesa che fa capire subito che si tratti di una notizia grave o comunque destinata a ricordarsi a lungo.
La canzone fu pubblicata come singola da Wyatt, ma poi Costello la incise per Punch The Clock.
Per onestà, devo dire che in quella di Costello c’è un toccante assolo di flicorno di Chet Baker (sì, quello di prima) che ricorda il saluto ai caduti. Ancora oggi non so quale delle due sia la mia versione preferita.
Lascio a voi la scelta.
I Want You – Blood and Chocolate 1986
In realtà Elvis Costello non si chiama Elvis Costello. Il suo vero nome è Declan Patrick MacManus, la famiglia del padre era irlandese. Il nonno venne a cercare fortuna a Londra dopo la prima guerra mondiale. Costello è il cognome di una bisnonna, non di origini italiane, come si potrebbe pensare, ma portoghese. Perché poi abbia scelto Elvis, non lo spiego nemmeno.
Ogni tanto, però, decide di adottare un altro pseudonimo, quello roboante di Napoleon Dynamite, uno strano personaggio a metà strada tra l’imbroglione e l’impresario circense di fine ottocento. E proprio come Napoleon Dynamite sceglie di comparire nei credits di Blood and Chocolate, il disco del 1986 con il quale torna suonare dopo una breve separazione insieme agli Attractions.
Scordatevi i barocchismi di Imperial Bedroom o il pop elegante di Punch the Clock. I pezzi suonano ruvidi, diretti, forse conseguenza della tensione in studio o per scelta di produzione da parte di Nick Lowe.
I Want You, nella sua disperata progressione di accordi parla di un uomo che non si vuole rassegnare alla fine della sua relazione. Non credete al giro iniziale, rassicurante e falso come solo alcune canzoni d’amore sanno essere. Quando bruscamente è interrotto da una nota tremolante di vibrato, si aprono le porte della discesa all’inferno del protagonista.
Qualcuno potrebbe pensare a uno stalker, che tra lamenti e lacrime lancia anche oscure minacce “Fai attenzione, tesoro, potresti cadere”, con una voce che non nasconde il rancore.
Eppure, ascoltate lo scarno assolo di chitarra, composta da note dissonanti, che si trascinano fino a svanire, e allora capirete cosa si nasconde nell’animo di chi, come direbbe Paolo Conte, si accorge di non avere più risorse senza di te.
Veronica – Spike 1989
Chi è Veronica?
Un passo indietro: nel 1987 il nostro amico è chiamato da sua santità Paul McCartney a collaborare in alcune canzoni per il disco Flowers in the Dirt. Sembrava l’inizio di una fruttuosa collaborazione, Paul vedeva in Costello un degno contraltare come John Lennon e le canzoni che scrissero insieme sono tutte di alto livello. Ma non puoi incatenare uno spirito libero. Nonostante gli apprezzamenti di pubblico e critica, Elvis Costello decise di proseguire per la propria strada.
Proprio dalle sessioni del disco con l’ex Beatle viene Veronica, brano incluso in Spike, registrato tra New Orleans, Londra e Los Angeles. Si nota l’assenza degli Attractions, anche se ci suona Pete Thomas, loro batterista, ma in compenso troviamo contributi di gente come Allen Toussaint, leggenda della musica di New Orleans, o Roger Mc Guinn ex Byrds. C’è pure Cait O’Riordan, la bassista dei Pogues, che era la compagna di Costello in quegli anni.
L’album contiene alcuni dei pezzi più politicamente duri scritti dall’artista, come l’invettiva anti-Thatcher Tramp the Dirt Down, in cui afferma che non vede l’ora di calpestare la terra sopra la sua tomba (evidentemente Morrissey aveva già provveduto a metterla sulla ghigliottina), o la critica alla pena di morte di Let Him Dangle nella quale si ricorda l’ultima esecuzione della pena capitale avvenuta in Inghilterra, nel 1953.
Veronica è una dolce vecchietta, in parte ispirata alla figura della nonna di Costello, che sta perdendo la memoria. Non fatevi ingannare dallo scampanellio delle chitarre all’inizio del pezzo o dai coretti che profumano di Liverpool, non è proprio una canzone allegra. È un viaggio all’interno della mente obnubilata di una persona malata, una vita ormai alle battute finali, dove il delirio e la confusione lottano con i ricordi di chi “Quando il mondo era la strada in cui viveva/ E un giovane navigò su una nave nel mare/ Con una foto di Veronica”.
The Other Side of Summer – Mighty Like a Rose 1991
Coraggio ragazzi, montiamo sui nostri surf e andiamo incontro alla grande onda.
Se Veronica è Beatles al 50%, The Other side of Summer è Beach Boys al 100 %. Nato come un’ideale continuazione del lavoro precedente, Mighty like a Rose, presenta altri brani nati dal sodalizio con McCartney, come per esempio So Like Candy. Il disco soffre – ma è solo il mio incosciente parere – del fatto di voler rincorrere il Wall of Sound di Spectoriana memoria, e le canzoni di Costello annegano sotto i vari strati di suono.
Intanto siamo nel 1991: gli anni ottanta hanno fatto ciao ciao e ci hanno consegnato a un nuovo decennio che si è presentato con un ruggito di chitarra così feroce che non sentivamo dai tempi dei Black Sabbath, testi impegnati che parlano di malessere giovanile e vite al limite, e camicia in flanella a scacchi. Le miniature velenose di Costello, seppure più acuminate che mai, sembrano fuori luogo.
Però il pezzo in questione tira che è una meraviglia.
“C’è malizia e c’è magia in ogni stagione/ Dagli spumeggianti interruttori del surf velenoso”.
Come accade spesso, le canzoni di Costello nascondono il veleno sotto versi perfetti. Infatti in questo caso il bersaglio è John Lennon al quale viene rimproverato di aver scritto una canzone orrenda come Imagine .
Affermazione discutibile senza dubbio ma Elvis Costello è fatto così.
Dietro quel look alla Buddy Holly, gli occhiali da nerd , si nasconde lo sguardo acuto di chi osserva la realtà da una posizione privilegiata e che non fa sconti a nessuno. Costello è bravo a confondere le idee, ad affascinare, a distrarre, ma basta fare un passo indietro ed ecco che la realtà ci appare nella sua triste apparenza, anche se filtrata dal suo tipico sarcasmo, diretto discendente di una lunga tradizione letteraria inglese.