Le note di “So delle cose che so” percorrono il cavo delle cuffie, arrivano alle mie orecchie e già so che questo disco me lo porterò dietro per molto tempo. Se c’è una costante nella produzione discografica di Riccardo Sinigallia, quella è sicuramente la capacità di riuscire a parlare a tutti. E non mi riferisco solamente alla forza espressiva dei testi, bellissimi nella loro diretta capacità espressiva senza troppi fronzoli soprattutto in un paio di episodi, ma anche nella forza, che in pochi possiedono, di riuscire ad evocare attraverso le note sensazioni, frammenti di quotidiano che in maniera inevitabile finiscono per coinvolgere l’ascoltatore. E così abbiamo la riconoscenza per chi ci sta accanto (“Niente mi fa come mi fai tu” è ancora una volta un atto di amore verso Laura Arzilli, compagna di vita e di musica), la malinconia e la velata rabbia per ciò che è stato e che non tornerà (“Dudù”, una delle vette dell’album). Anche quando non tutto gira come dovrebbe(“Le donne di destra”), ciò che rimane è la chiara sensazione di trovarsi davanti ad un artista sincero, che fa dell’urgenza di comunicare emozioni la sua priorità e poco importa se ci si allontana dal concetto di perfezione. Quello che veramente conta è quella strana sensazione, ormai rara, mista tra stupore e meraviglia, che si ha di fronte ad una canzone che sai riascolterai più volte. Mentre gli ultimi arpeggi di “A cuor leggero” mi accompagnano verso la fine di “Ciao Cuore”, mi fermo a pensare un attimo e premo ancora play. Ed ecco di nuovo quel cambio di tempo geniale, quel falsetto perfettamente azzeccato, quella chitarra distorta che squarcia la melodia. “Ciao Cuore” ti richiama ogni volta all’ascolto e lo fa con quello di cui deve essere fatto un grande disco: parole e musica. L’essenza stessa del grande cantautorato.