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Brunori Sas: “Cip!” (Universal Music, 2020)

By aprile 10, 2020 No Comments

Potremmo pensare a “Cip!” di Brunori Sas come a una onomatopea, il cinguettio del bel pettirosso (opera di Robert Figlia) impresso sulla copertina. Se andiamo avanti con questa scherzosa analisi, notiamo che ad accompagnare le tre lettere si aggiunge subito un segno di interpunzione, un possente punto esclamativo, quasi a voler ribaltare di colpo il sussurro garbato dell’uccellino e a intimarci di prestare attenzione alla forza delle parole, un monito non più cosi dolce ed effimero.

Questa contrapposizione potrebbe anche sembrare azzardata se non fosse che Brunori nelle sue canzoni ci ha abituati a far convivere gli opposti come se non potessero esistere uno senza l’altro: il bene non esisterebbe senza il male, la morte di uno sarebbe la morte dell’altro, il concetto stesso di bene sarebbe inconcepibile senza il suo naturale opposto.

Le parole appunto utilizzate non solamente come fine ma anche come strumento: non importa cioè esclusivamente quello che si dice, a volte è fondamentale anche il modo e il tono con cui si esprimono i concetti. Ne sono una grande riprova oggi i vari messaggi sui social spesso veicoli di una violenza esagerata ed immotivata.

Anche la voce con le varie sfumature, a volte più simile ad un sussurro, altre ad un grido, quindi può essere annoverata fra gli strumenti utilizzati da Brunori in questo disco. Gli arrangiamenti più ricchi ed elaborati, come ad esempio la beatleasiana coda strumentale di “La canzone che hai scritto tu”, sono frutto dello sposalizio con il produttore Taketo Gohara con cui aveva collaborato negli ultimi due album.

La traccia che apre il disco “Il mondo si divide” sembra proprio dare il senso a quanto scritto prima, questa eterna divisione fra sentimenti contrapposti che non riguardano però solo elementi di carattere universale come potrebbero essere violenza e non violenza, bene e male, ma anche spesso le stanze più private di ogni essere umano:

“Ci sono certi giorni in cui vorrei alzare anch’io
La Coppa dei Campioni
E poi ci sono i giorni in cui mi sento veramente
Il peggiore dei coglioni”

Non sono altro che aspetti dello stesso mondo come chiarisce lo stesso Dario nella chiosa finale:

“Dividere le cose è un gioco della mente
Il mondo si divide inutilmente
Il mondo si divide inutilmente”

C’è tutto il senso dell’amore familiare in “Mio fratello Alessandro”, che potrebbe benissimo essere figlio unico per citare un indimenticabile conterraneo calabrese. la traccia nella quale forse si condensa maggiormente la delicatezza tipica della penna di Brunori. L’idea che prendersi cura degli altri sia una sorta di panacea anche dei nostri mali interiori capovolge il concetto di solitudine, restare separati dagli altri implica sofferenza in prima battuta per noi stessi.

Il primo singolo dell’album, uscito a settembre 2019, “Al di là dell’amore” – una delle tre canzoni (oltre a “Capita così” e “Quelli che arriveranno” ) scritte insieme al bravissimo Antonio Di Martino, che aveva già prestato le sue mani per la struggente “Diego e io”- è quella che potremmo definire la più “impegnata” dell’intero disco, se non fosse che questo aggettivo sembra ormai caduto in disuso parlando dei cantautori italiani.

Vorremo però sottolineare come da sempre Dario abbia fatto nei lavori precedenti della critica sociale a suo modo, pungente e sarcastico, come in “L’uomo nero” o nell’ormai quasi decennale “Rosa”.

In questo singolo si scaglia senza mezzi termini contro tutti coloro che:

“Vogliono solo urlare
Alzare le casse e fare rumore
Fuori dal torto e dalla ragione
Branco di cani senza padrone
Che fanno finta di non vedere
Che fanno finta di non sapere
Che si parla di uomini, qui
Di donne e di uomini”

Dopo questa invettiva però si torna a posare l’accento sulla speranza, ad affidarsi all’umanità delle persone, che deve essere la nostra ancora di salvezza anche quando la rabbia potrebbe farci deragliare facilmente dai nostri binari.

Il secondo singolo estratto dall’album è “Per due che come noi” che, personalmente, riteniamo la vera perla dell’intero disco.Una canzone che parla di una storia d’amore in maniera anche sensuale e carnale:

“E chi se ne frega se è sesso o se è amore?
Conosco la tua pelle, tu conosci il mio odore
Che poi chi l’ha detto che è peggio un culo di un cuore”

Un legame che dura negli anni, che ha ormai superato i palpitanti momenti iniziali tipici dei primi giorni, mesi di innamoramento, ma che ha saputo trasformare queste emozioni in qualcosa forse meno esplosivo ma sicuramente più duraturo e concreto, un amore che va oltre lacrime e sorrisi, che raggiunge il culmine nel tenersi ancora per mano dopo vent’anni e più nello stare insieme.

Chiude il disco la commovente “Quelli che arriveranno” la canzone che nelle sonorità più richiama Dalla (e non è un caso se lo scorso anno Dario abbia più volte portato sul palco proprio le canzoni del compianto Lucio).

In questi versi (in cui torna la scrittura di Di Martino) percepiamo il tanto, troppo dolore, emerso anche in occasione delle varie date instore in cui il cantautore calabrese ha avuto modo di spiegare al pubblico questa triste vicenda, della vita di Achille, un bambino che guarda al mondo che sarà con gli occhi pieni di innocenza ma purtroppo consapevole che questo continuerà a girare anche senza di lui…

In conclusione, dopo le vette toccate con “A casa tutto bene” ( a rileggere adesso il titolo sembra quasi una profezia, non ci stupiremmo se il buon Dario avesse anche delle doti divinatorie fra il suo repertorio) “Cip!” , pur non raggiungendo gli stessi picchi, rimane un ottimo album, fra i migliori di questo primo trimestre e forse a maggior ragione in questo periodo un disco necessario ad esorcizzare le nostre paure nel quale Brunori da collaudato cantastorie riesce a trasmettere nell’etere una certa grazia e quel tanto di tristezza che c’è nelle vicende umane.

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