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Joy Division, “Closer”: This is the Way, Step Inside

By maggio 21, 2020 No Comments

Closer” dei Joy Division non potrà mai essere archiviato semplicemente come un album, sarebbe come privarlo delle sua essenza. Pochi dischi, infatti, sono riusciti allo stesso tempo ad anticipare una dipartita e celebrarla. La anticipa, perché nei testi racchiude il complesso universo di Ian Curtis, e la celebra, perché ricorda per sempre che Ian se ne è andato troppo presto.

Tutto ciò che riguarda questo capolavoro a 33 giri non può esistere senza il suo profondo spessore, lo spessore che si addice a un testamento spirituale. Perché questo è, anzitutto. Uscito appena un anno dopo Unknown Pleasures, vide la luce il 18 luglio del 1980, a soli due mesi di distanza dal suicidio di Curtis.

Da un punto di vista musicale, Closer ha raggiunto elevatissime vette di dark, gothic, new wave e post-punk, ed è quella inscindibile unione tra il suono e le parole a creare un unicum raro e prezioso. La voce così intensa, la musica che racchiude l’eco di qualcosa di primitivo e lontano, ma anche la più moderna sperimentazione. Due poli opposti, che non potrebbero vivere l’uno senza l’altro. I testi, così lucidi e coerenti, spaventosamente lucidi e coerenti.

Oggi, quando lo ascoltiamo, abbiamo piena consapevolezza, sappiamo cosa celava, ma mentre veniva registrato lo spirito dei protagonisti era totalmente diverso. Si racconta di session rilassate e divertenti, nonostante i problemi di salute di Ian, afflitto da una sindrome epilettica. Era un periodo d’oro per i Joy Division: quel disco li avrebbe consacrati, di lì a poco sarebbero partiti per il primo tour negli Stati Uniti, insieme ai Buzzcocks.

Vennero registrate 12 canzoni, ma solo 9 finirono nella track list finale: Komakino, Incubation e As You Said, infatti, vennero tagliate fuori e le ultime due non vennero neanche ultimate e sia Incubation che As You Said rimasero soltanto come parte strumentale. Un ruolo fondamentale, per la riuscita di Closer, fu rivestito dall’eccentrico produttore Martin Hannet. Quando mancavano solo due mesi all’uscita, però, Ian Curtis si tolse la vita: arrivò, sì, la consacrazione per i Joy Division, ma nel modo più triste. E a Closer spettò il gravoso compito di essere commiato e summa di tutto quello che i Joy Division avrebbero voluto fare.

This is the way, step inside

Il disco si apre con le inconfondibili percussioni di Atrocity Exhibition (che prende il titolo da un romanzo di James G. Ballard) e da un invito da parte di Ian: “This is the way, step inside”. Il brano è un ingresso nella dimensione ignota, una nenia ipnotica e abrasiva. Il passaggio ad Isolation segna un netto cambiamento, tra batteria e sintetizzatori. Una traccia più nevrotica, una presa di coscienza di Ian Curtis, che accusa se stesso e invoca il perdono: “Mother I tried please believe me, I’m doing the best that I can/ I’m ashamed of the things I’ve been put through, I’m ashamed of the person I am”.

Passover è una calma apparente, perché è tra le parole che si coglie il suo senso: “This is a crisis I knew had to come, Destroying the balance I’d kept/ Doubting, unsettling and turning around, Wondering what will come next”. Con Colony i Joy Division fanno un passo indietro, tornando al pesante riffage già utilizzato in Unknown Pleasures. Quello che non cambia è la claustrofobica descrizione di una realtà insostenibile: “A cruel wind that blows down to our lunacy/ And leaves him standing cold here in this colony”.

One will burn

Means to an End alza l’asticella del ritmo, diventa trascinante: è come ballare soli, in una pista vuota, con gli occhi completamente chiusi. Con Heart and Soul si raggiunge la perfetta unione tra la batteria pulsante, il sintetizzatore e il basso di Peter Hook. È un brano minimale, avvolto dalla voce di Ian Curtis: “Heart and soul, one will burn”. 24 Hours gioca con il ritmo, lo stropiccia e lo dilata: “I never realized the lengths I’d have to go/ All the darkest corners of a sense I didn’t know”.

The Eternal e Decades calano definitivamente il velo dell’oscurità su Closer. La prima è un’elegia funebre accompagnata da un pianoforte che sembra versare lacrime a ogni nota: Ian Curtis osserva la realtà come se fosse già uno spettatore esterno, come se non facesse più parte del mondo. Decades chiude il cerchio con un mood spettrale, la voce effettata e il sintetizzatore.

La storia di Closer non sarebbe completa se non si parlasse della sua copertina, che contribuisce a creare la sua aura di oscurità. L’artwork del grafico Peter Saville, essenziale ed esplicito, utilizza una foto di Bernard Pierre Wolff: si tratta di una statua del cimitero monumentale di Staglieno, a Genova. Nell’immagine viene illuminata la figura di una donna, protesa in avanti mentre prega per il defunto. Dietro di lei ci sono altre due donne, una delle quali tiene la mano a una statua della Madonna, quasi totalmente all’oscuro, che si intravede a fatica ed è stata tagliata proprio all’altezza del collo, come a voler sottolineare che non c’è più spazio per la speranza.

Ogni speranza è perduta. All’indomani dell’uscita del disco, Hook, Sumner e Morris rispettarono il patto stipulato originariamente dalla band: se uno di loro l’avesse abbandonata prima del tempo, avrebbero dovuto scioglierla.

Non c’è luce in Closer, non servirebbe comunque: non aiuta ad orientarsi, non rende chiara la strada. L’oscurità è essenza e ragion d’essere di un disco che non ha paura di rendere sostanza tutti quei pensieri che teniamo nascosti nel profondo. Li palesa, li offre sull’altare, pronti per essere condivisi.

Dimostra, con una chiarezza disarmante e confortante, che il buio è una parte necessaria dell’esistenza.

Post Scriptum

In occasione del suo 40esimo anniversario, Closer verrà ristampato in edizione limitata, in vinile trasparente. La ristampa uscirà il 17 luglio 2020, ma è già disponibile in pre-order sul sito ufficiale dei New Order.

Oltre all’LP, sempre il 17 luglio, verranno pubblicati i singoli 12” Love Will Tear Us Apart, Transmission e Atmosphere, ognuno con il rispettivo artwork di copertina e il b-side originale (These Days, Novelty e She’s Lost Control).

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