Yves Tumor è il nuovo mistero della musica contemporanea. Dopo aver realizzato diversi lavori e remixes come Teams, Sean Bowie (sarà davvero questo il suo nome?) inizia a produrre con lo pseudonimo Yves Tumor nel 2015. Ad aprile 2020 esce il quarto lavoro, “Heaven to a Tortured Mind”, che è un album di soul, funk, pop ed elettronica.
Ma, per capire di chi stiamo parlando, dobbiamo un attimo fare i conti con la sua breve discografia, per nulla ovvia.
Il primo lavoro di Yves Tumor è l’autoprodotto “When Man Fails You”, costituito da tracce ambient pacifiche come “Limerance” ed episodi che sembrano provenire da “My Life in the Bush of Ghosts” come “Body as Wilhelm”.
Per la label berlinese PAN, il nostro pubblica nel 2016 “Serpent Music” che possiamo definire musica per sacrifici, tribale, sperimentale al limite della cacofonia (“Cherish”). Inoltre, con questo album ci si avvicina, seppur timidamente, alla black music: “The Feeling When You Walk Away” sembra anticipare gli sviluppi successivi su questo versante.
L’anno successivo l’autoprodotto “Experiencing The Deposit Of Faith” segna invece un ritorno alle origini, una raccolta di ambient sperimentale in cui emerge l’anima spirituale, come per esempio nell’eterea “E. Eternal”.
È con “Safe In The Hands Of Love” del 2018 che si delinea più compiutamente il discorso “black” di Yves Tumor che ci porta ai giorni nostri. Qui ci sono il jazz (il sample nell’iniziale “Faith In Nothing Except In Salvation”), l’elettronica sensuale di “Economy Of Freedom”, la conturbante musicalità di “Honesty”, l’efficace orecchiabilità di “Noid”, i riferimenti vaporwave (il sample di “Angelfire” alla fine di “Let The Lioness In You Flow Freely”), e l’immancabile rumorismo.
La strada è così spianata per far spazio a “Heaven To A Tortured Mind”, l’album più accessibile di Yves Tumor. Qui non ci sono momenti apertamente sperimentali, ma canzoni vere e proprie in cui il discorso vira sul versante sesso/sensualità/identità e accenni alla spiritualità.
Yves Tumor mescola mostruosità e autodistruzione, richieste di aiuto e di contatto con l’altro, desiderio sessuale e continua ricerca di sé. Il tutto è condito in salsa soul e funk. Nel video di “Gospel for a New Century”, come nelle copertine degli ultimi tre album, Yves gioca con la propria immagine, quasi mescolando Marylin Manson, Diamanda Galás e Prince. I suoi testi evocano ossessioni, demoni, paranoie, (“Medicine Burn”, “Folie Imposée”), sensualità spinta (“Gospel For A New Century”, “Kerosene!”) ed echi della Motown (“Husdallen Lights”).
La breve “Identity Trade” ci fa viaggiare con i fiati di Sylvain Carton. “Kerosene!” ci fa ritornare ai tempi della chitarra elettrica. D’improvviso l’assolo a fine brano spazza via l’abuso di synth e pianole di cui siamo pieni nei giorni nostri. La stupenda voce di Diana Gordon innalza ulteriormente la qualità del brano, che è già un classico.
Con “Romanticist” e “Dream Palette” abbiamo ancora del caldo groove, pieno di soul ed eccitamenti, accompagnati dalle voci di Kelsey Lu e Julia Cumming.
Il falsetto di “Super Stars” e “Strawberry Privilege” mostrano il lato più pop di Yves Tumor, tra basso pulsante e intrecci di voci.
“Asteroid Blues” è l’unico strumentale dell’album (anche abbastanza disturbato), a ricordarci che il lupo perde il pelo ma non il vizio. È un attimo, perché arriva subito a sedurci la sognante “A Greater Love” che chiude in bellezza un album passionale, in cui l’enigmatico Yves Tumor si lascia travolgere dai sentimenti.
In sostanza, non sappiamo se l’errante Yves abbia trovato il suo paradiso. Quel che è certo è che lì passano davvero buona musica.