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Wasted Shirt – “Fungus II”: la perfezione del disordine

By marzo 3, 2020 No Comments

Fungus II è un album tanto folle, quanto interessante, nato dall’incontro tra Ty Segall e Brian Chippendale dei Lightning Bolt. Insieme si firmano Wasted Shirt: Ty ci mette la voce, il basso e la chitarra; Brian la voce e la batteria.

Ognuno dei due apporta un fondamentale contributo alla riuscita di un disco che va ascoltato tutto d’un fiato.

Non bisogna aspettarsi qualcosa di convenzionale: ci si trova davanti a un totale di poco più di mezz’ora a tratti privo di melodia (nel senso più canonico del termine) e splendidamente confusionario.

Il comune denominatore di Fungus II è il concetto di caos, da intendersi come volontà di uscire da uno schema prestabilito o, quantomeno, di crearne uno tutto proprio. È come un giuramento di fedeltà all’etica punk, ma non per sempre. Il mood del disco non è soltanto uno e tutto è sempre pronto a cambiare da un momento all’altro, pur mantenendo una innegabile coerenza. È un gioco di contraddizioni.

Si comincia com “All is lost”, un delizioso ensemble cacofonico, tra versi urlati e riff che vogliono emergere con prepotenza. In tracce come “Zeppelin 5” la chitarra si sente quasi parlare, mentre si fanno strada i cori dal tono beffardo. Sì, proprio beffardo, perché cantati da qualcuno che si diverte moltissimo a fare ciò che fa, ai limiti della più splendida presa in giro. Così, in “Fist is my Ward”, il growl di matrice death metal è avvolto da suoni robotici.

Il passaggio successivo sintonizza l’ascoltatore su “Harsho”, tra distorsioni e una batteria che dimostra quanto possa essere relativo il concetto di tempo. Ty Segall e Brian Chippendale lo modellano, il tempo, come meglio credono: lo fanno scorrere veloce, poi lo rallentano in modo estremo, lo dilatano e lo restringono.

Il primo singolo estratto dall’album è “Double the Dream”: mentre si sente urlare “Dream! Dream!”, con un tono decisamente poco sognante, il riverbero è praticamente ovunque. Il suono sgraziato di un nastro porta dritti a “The Purple One”, con le zampate di chitarra acustica e le parti vocali che non concedono sconti. Le parole, in questo disco, ci sono e si impongono con prepotenza, pur essendo prive di grazia. Sono consonanti e vocali dentro un enorme contenitore continuamente in movimento.

Dream! Dream!

Altro giro, altra corsa, con l’intermezzo “Fungus 2”, uscito direttamente dalla bocca di un androide. La batteria di Chippendale, potente e rabbiosa, vuole la scena tutta per sé in “Eagle Slaughters Graduation”, un brano che non ha bisogno neanche di un verso accennato. Anche qui, sono gli strumenti stessi a cantare.

La degna conclusione di un disco come Fungus II non può che durare sette minuti e avere un titolo degno del più splendido dei Don Van Vliet: “Four Strangers Enter the Cement at Dusk”. Arrivati a questo punto, Ty Segall e Brian Chippendale danno il meglio di sé, con un intro quasi infinito (che per un po’ di secondi fa pensare di avere nelle orecchie un disco doom metal) e l’insieme perfettamente caotico di suoni distorti.

Fungus II non è un album semplicissimo. Ad alcuni potrà sembrare gradevole quanto il suono delle unghie su una lavagna, per altri sarà un capolavoro. A chi scrive, è piaciuto, ma questo è comunque un dato irrilevante.

Quel che è certo è che riesce a suscitare tantissimi ricordi musicali di ogni genere, dall’apparente mancanza di senso del punk allo studio meticoloso dello stoner, dalla freddezza dei toni metallici alla creatività tout court. Si muove in uno spazio e in un tempo creati apposta dai Wasted Shirt per i Wasted Shirt: non è detto che facciano entrare tutti, in quel loro universo, ma danno a tutti la generosa possibilità di rimanere dietro la porta, con le orecchie tese, a sentire cosa succede al di là della barricata.

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